Pierluigi Venneri

Polifenoli: mangiare a colori!

Polifenoli: mangiare a colori!

Mi piace raccontare il risultato di una ricerca scientifica operata ormai più di 20 anni fa, nella quale si paragona l’efficacia della vitamina C sintetica con un quantitativo di arance che fornisse un ammontare identico di vitamina C; allora il risultato fu che chi mangiava le arance avere risultati in termini di prevenzione e benessere migliori, dunque si concluse che la vitamina C di origine naturale era migliore; in effetti l’acido ascorbico, ovvero la vitamina C, che sia sintetizzato da batteri o da un vegetale ha la stessa efficacia, dunque qual è differenza?

La carta vincente sta nei polifenoli e gli antociani presenti nelle arance (specie se rosse!), queste molecole fanno la differenza! Mi piace considerarle come vitamine 2.0, in quanto hanno un’azione simile alle vitamine (ovvero, detto in termini semplici, tengono buoni i radicali liberi finché non arrivano degli enzimi specifici a “spegnerli”), in più hanno un’azione genomica ovvero attivano il nostro DNA in modo da renderci più efficaci nel contrastare la pericolosa azione dei radicali liberi. In una recente pubblicazione, (From Dietary Sources to Human MicroRNA Modulation. Molecules. 2019 Dec 23) abbiamo analizzato l’azione di alcuni dei più comuni, quercetina (mele e cipolle), ECGC (thè verde), Curcumina (ovviamente curcuma) e resveratrolo (uva e vino rosso) sottolineandone l’efficacia, ma anche i diversi meccanismi di azione, quindi non uno ma tutti, per questo il consiglio di “mangiare a colori”, infatti i polifenoli danno il colore ai vegetali ed ognuno ha un’azione diversa, probabilmente il segreto sta proprio nella sinergia che tutti insieme possono dare.

Da ricordare come, maturazione e stagionalità, sono fondamentali per il contenuto di queste sostanze. Così come i colori più intensi come i mirtilli, i melograni, la cipolla rossa, la barbabietola sono segno di un contenuto maggiore, ma ogni vegetale, in quantità variabile, di fatto ne contiene. Concludo ricordando quella che dovrebbe essere base di un programma nutrizionale salutare, ovvero due porzioni, da almeno 150-200g, di frutta e di verdura al giorno.

Autore: Dr. Roberto Cannataro

Tendinopatia Achillea: patologia tipica dei runners

Tendinopatia Achillea: patologia tipica dei runners

Ci sono delle patologie più frequenti rispetto allo sport che si pratica pubalgia nei calciatori, l’epicondilite quella più comune nei tennisti, l’infiammazione del tendine d’Achille è tipica di chi corre. Il tendine d’Achille rappresenta il tendine più spesso e robusto del corpo umano, oltre ad essere uno dei più lunghi che connette i muscoli soleo e gastrocnemio mediale e laterale all’inserzione calcaneare del polpaccio. Presenti in entrambe le gambe, i tendini d’Achille sono ricoperti prima dalla cute e poi da una lamina di tessuto che fornisce protezione ai muscoli dividendoli dalla pelle.

CAUSE E SINTOMI

La tendinite achillea può essere causata da un trauma, da calzature con tallone rigido o da intensa attività fisica così come è spesso associata a malattie infiammatorie quali le spondiloentesoartriti, l’artrite reumatoide, la gotta e le malattie da deposito di microcristalli. Sintomi più comuni nella Tendinopatia Achillea sono:

  • Gonfiore, dolore, gonfiore e fastidio a livello della parte posteriore della caviglia;
  • Rigidità mattutina che tende a migliorare dopo i primi passi;
  • Difficoltà di movimento sia nella vita quotidiana che nelle attività sportive;
  • Presenza di processo infiammatorio esempio: gonfiore, rossore o calore a livello della caviglia.

IL TRATTAMENTO

La prima diagnosi può avvenire solo tramite la visita medica, attraverso la raccolta anamnestica, quindi osservando il tendine, la palpazione e per finire delle prove fisiche da questo è generalmente possibile avere un quadro chiaro per una valutazione corretta.

Il processo riabilitativo del tendine d’Achille deve mirare alla riduzione del dolore e alla rieducazione al carico del tendine stesso. Nella riabilitazione è indispensabile l’esercizio ma possono essere utilizzate anche diverse terapie strumentali, esempio TECAR, laser e onde d’urto che stimolano i processi di riparazione dei tessuti oltre a favorire la scomparsa del dolore.

Le manipolazioni vertebrali HVLA

Le manipolazioni vertebrali HVLA

DEFINIZIONE

Le tecniche HVLA (High Velocity Low Amplitude), vengono utilizzate in ambito fisioterapico e devono essere applicate in terapie manuali mirate, in cui viene esercitato un impulso ad alta velocità e bassa ampiezza, con questa tipologia di manipolazioni, a tecnica avvenuta, si può udire uno schiocco, denominato anche rumore di cavitazione articolare (cavitation sound). La cavitazione (fenomeno che consistente nella formazione di zone di vapore all’interno di un fluido che poi implodono producendo un rumore).

Non sono ancora del tutto chiari i meccanismi per cui esso si manifesti, ma si ritiene che all’interno della capsula articolare è presente un lubrificante, noto come liquido sinoviale, che serve anche come fonte di nutrimento per le cellule che producono e mantengono la cartilagine articolare. Il liquido sinoviale contiene dei gas disciolti, tra cui ossigeno, azoto e anidride carbonica. Dunque, si capisce come questo rumore non sia un segno di trauma articolare e che, di conseguenza, non comporta danni.

EFFETTI DELLA MANIPOLAZIONE

Le manipolazioni HVLA, hanno effetti neurofisiologici di altissimo impatto oltre ad agire sulla meccanica articolare. Tali tecniche, infatti, sono in grado di innalzare la soglia di attivazione del riflesso da stiramento di quei tessuti, grazie all’alta velocità di esecuzione.

Tali manipolazioni possono essere effettuate su varie articolazioni e a diversi livelli della colonna in base alla sede della disfunzione somatica individuata dall’operatore. Una manipolazione vertebrale può essere, quindi, eseguita a livello:

  • Cervicale;
  • Dorsale;
  • Lombare.

Perché la terapia sia efficace è necessario:

  • Il paziente deve essere nelle condizioni cliniche adatte per essere trattato (non è possibile eseguire una manipolazione in fase acuta o in corso di altre patologie che possono rappresentare eventuali controindicazione);
  • Ci deve essere una valutazione clinica medica per trattare il segmento vertebrale interessato.

Menisco e riabilitazione

Menisco e riabilitazione

I Menischi sono due piccole strutture fibrocartilaginee a forma di C poste tra i condili femorali e la tibia. I menischi durante i movimenti consentono di scaricare il 30 – 70% del peso gravante sulla cartilagine articolare stabilizzando il ginocchio. La rottura del menisco è una lesioni più comuni che riguradano la struttura del ginocchio. Le lesioni meniscali si possono classificare in due grandi gruppi:

  • Lesioni meniscali di origine traumatica: sono più frequenti tra gli sportivi e i giovani. In questo caso i menischi subiscono delle lesioni in seguito a una sollecitazione violenta.
  • Lesioni meniscali di origine degenerativa: Viene in seguito ad un moviemento apparentemente banale come sollevarsi rapidamente da una posizione accosciata. Insorge a causa delle degenerazione del tessuto meniscale che con gli anni diventa più fragile.

INTERVENTO AL MENISCO: QUANDO FARLO?

La lesione e la successiva terpia può variare in base ai seguenti fattori:
1. Tipologia di infortunio
2. Gravità
3. Età del paziente coinvolto

Esempio, qualora la lesione sia lieve, è sufficiente un trattamento di tipo conservativo come riposo, ghiaccio e farmaci, cosi la guarigione possa avvenire in modo spontaneo. La stessa strategia non può essere adatta se per i casi più gravi dove necessità una visita specialistica e poi successivamente la correzione chirurgica.

COME FUNZIONA LA RIABILITAZIONE?

I vari protocolli riabilitativi possono variare secondo la metodologia che viene utilizzata chirurgica utilizzata, bisogna verificare l’infiammazione cercando si dare quanto prima mobilità all’articolazine e di procedere con esercizi durante le prime settimane. Nelle settimane successive si passa al rinforzo muscolare riprendendo progressivamente il carico sul ginocchio.
Nelle prime fasi dopo l’intervento è sempre bene farsi seguire da FISITERAPISTI esperti, che con cura indicheranno gli esercizi da seguire nel centro/palestra e a casa. Possono seguire allo stesso tempo i campi elettromagnetici pulsati, terapia consigliata per diminuire l’infiammazione post-chirurgica, migliorando la qualità delle singole membrane cellulari.

Pelle e sole, consigli

Pelle e sole, consigli

Prima di stendervi a al sole bisogna prendere delle precauzioni sulla pelle e raggi ultravioletti. Unitamente ad un fattore estetico, esporsi ai raggi solari ha molteplici effetti positivi quale ad esempio la stimolazione della produzione di Vitamina D, vitamina fondamentale che regola l’assorbimento del calcio favorendo la mineralizzazione del tessuto osseo. Se però l’esposizione è eccessiva e non si assumono le dovute precauzioni il nostro amico sole può diventare pericoloso, ma vediamo perché.

E’ fondamentale sapere che i raggi ultravioletti sono nemici della nostra pelle che invece ha bisogno di particolari cure ed attenzioni. Per una esposizione al sole non corretta si possono causare, invecchiamento precoce del tessuto, comparsa di rughe, macchie e difetti della pigmentazione. Per evitare danni dermatologici è importante utilizzare una protezione solare adatto per la propria pelle.

Ecco qualche regola da seguire per una corretta esposizione al sole:

  • Applicare prodotti solari, prima di esporsi al sole. Rinnovare frequentemente la loro applicazione soprattutto dopo il bagno.
  • Prendere il sole gradualmente, per non più di 20-30 minuti al giorno. Oltre questo limite la produzione di radicali liberi aumenta in maniera considerevole.
  • Evitare esposizione al sole tra le ore 12 e le ore 16, perchè i raggi solari sono all’apice della sua intensità.
  • Durante le ore di intenso irraggiamento non esporre i bambini di età inferiore ai 3 anni al sole.
  • Indossare un cappello e occhiali da sole con lenti omologate, in grado di filtrare i raggi UVA e UVB.
  • Dopo il bagno asciugarsi bene. L’effetto “specchio” delle goccie sulla pelle riduce l’efficacia dei prodotti di protezione.

Malocclusione e mal di testa

Malocclusione e mal di testa

Se ci si alza stanchi la mattina, con mal di testa  e, in alcuni casi con problemi  di messa a fuoco  della visione, oppure con ronzio all’orecchio o acufene ecco che si potrebbe sospettare una malocclusione dentale.

Quali sono le cause della malocclusione?

Si tramanda a livello genetico, ma spesso e volentieri si presentano pazienti in cui questo tipo di problema dipende da abitudini scorrette o da altre patologie. La malocclusione, infatti, può dipendere dalla cattiva abitudine di succhiarsi il pollice in età infantile, di spingere la lingua contro i denti, da un prolungato uso del ciuccio o del biberon da piccoli. Allo stesso tempo, la malocclusione può dipendere anche dalla tendenza a digrignare i denti durante il sonno, interventi dentali non riusciti o fratture mandibolari guarite male.

Il mal di testa  è una delle conseguenze  della malocclusione. Questo dolore può interessare la zona vicino l’orecchio, estendersi a metà faccia o a metà testa (emicrania), o coinvolgere tutto il capo (cefalea). In alcuni casi il male si può irradiare  lungo la mandibola, fino al mento e oltre la tempia, somigliando così a un classico mal di denti. La classificazione delle malocclusioni avviene per difetto o per eccesso di contatto in base alla tipologia di “contatto dentale”.

La classificazione della malocclusione

Per comprendere meglio i sintomi e le ripercussioni a cui va incontro chi ne soffre è opportuno individuare quali tipi di malocclusione esistono. Di seguito la classificazione:

Malocclusione di 1° classe

E’ la classe più comune: i denti dell’arcata superiore si sovrappongono in piccola parte a quelli inferiori e il morso è normale. In questi casi è possibile riscontrare qualche problema legato alla posizione dei denti, ma non si tratta di condizioni che causano alterazioni funzionali;

Malocclusione di 2° classe

Si verifica quando tutti i denti dell’arcata superiore sporgono in avanti sovrastando la mandibola e l’arcata dentale inferiore.

Malocclusione di 3° classe

Viene caratterizzata dai denti dell’arcata inferiore che sporgono in avanti rispetto a quelli superiori, coprendoli. Non si tratta comunque dell’unico modo in cui è possibile distinguere questo tipo di patologia. I disturbi malocclusivi, possono anche essere distinti in

  • Morso profondo;
  • Morso aperto;
  • Morso crociato;
  • Affollamentodentale;
  • Diastema interdentale.

L’educatore professionale

L’educatore professionale

L’educatore professionale è un operatore sociale e sanitario che lavora con soggetti che si trovano in condizioni di fragilità di natura fisica, psichica e sociale. esso risponde ai bisogni prioritari di salute attraverso interventi educativi e riabilitativi finalizzati alla persona per poter recuperare, mantenere e potenziare le abilità , le risorse e le autonomie funzionali. tutto questo grazie anche alla stretta collaborazione con gli altri professionisti sanitari che insieme costituiscono l’equipe multidisciplinare che ha in carico la persona.

L’educatore professionale svolge la sua attività professionale, nell’ambito delle sue competenze, in strutture e servizi sociosanitari e socioeducativi pubblici o privati, sul territorio, nelle strutture residenziali e semiresidenziali. in tali contesti l’educatore ha come obiettivo: la programmazione, la gestione e la verifica di interventi educativi per soggetti che hanno bisogno di raggiungere livelli sempre più alti di autonomia coinvolgendo non solo le altre figure professionali ma anche le loro famiglie, i gruppi, la comunità di riferimento.

Gli interventi sono indirizzati verso i soggetti con difficoltà e fragilità di diversa tipologia e livello. Tra questi i minori, gli anziani, i tossicodipendenti, i soggetti con disabilità fisica e mentale, alcolisti, carcerati, pazienti psichiatrici. Molte volte la prese in carico non sono individuali, perchè si agisce nell’ambiente in cui si opera. Si devono considerare più \”attori\” ed elementi che insieme portano al raggiungimento degli obiettivi.

Autore: Marida Scarpelli

Dieta antinfiammatoria?

Dieta antinfiammatoria?

Leggo spesso di proposte dietetiche-nutrizionali che propongono un’azione antinfiammatoria, spesso puntando l’indice su alcuni alimenti o classi di alimenti, di fatto non esistono alimenti o classi di alimenti che hanno un’azione proinfiammatoria su tutti i soggetti, sani o in stati patologici. Quindi non assolutamente detto che bisogno evitare il lattosio o i derivati del latte, il glutine, la soia, le solanacee per citare i più comunemente additati.
Questi, così come altri, vanno limitati o in alcuni casi completamente eliminati se si manifesta una sensibilità, ma non è detto che siano da eliminare per tutti.

Queste “eliminazioni” di certo rendono la dieta meno varia e quindi piacevole, di conseguenza meno perseguibile nel tempo, personalmente ritengo questo punto fondamentale, ovvero perché la dieta diventi uno stile di vita non può prescindere dal lato piacevole, quindi maggiori sono i limiti, minore è l’aderenza a lungo termine al programma.
Dunque non esiste una dieta anitinfiammatoria? Di fatto esiste una dieta che non sia proinfiammatoria, ovvero un programma nutrizionale che non crei fenomeni infiammatori e l’unico che ha un razionale biochimico fisiologico è quello conseguente all’innalzamento della glicemia, cosa che succede ogni volta che mangiamo e tanto più rapido ed intenso quanti più sono i carboidrati presenti, in assoluto, ed in rapporto agli altri nutrienti.
Questo perché si verifica il fenomeno della glicazione delle proteine, il glucosio su lega alle proteine rendendole inutili e quindi da sostituire, se non vengono sostituite rapidamente danno luogo agli AGE (Advanced Glycation Endproduct) molecole sicuramente infiammatorie, potenzialmente cancerogene.

Dunque una dieta che limita come l’intensità (quindi avere sempre delle fibre ai pasti, in particolare se ricchi di carboidrati) e la rapidità (ma limitare anche il quantitativo assoluto dei carboidrati presenti) degli innalzamenti glicemici è antiinfiammatoria. Ciò non significa non mangiare un dolce o un primo ben condito, innanzitutto bisognerebbe non averli ogni giorno (in modo da dare il tempo al nostro organismo di sostituire le proteine glicate) e cercare di inserire sempre della verdura o degli ortaggi ad ogni pasto, specialmente prima di un bel piatto di pasta, che fa parte della nostra cultura e non è dannoso di per sé!
Come ogni alimento, zucchero compreso, non di per sé dannoso, è problematico l’uso che ne facciamo.

Autore: Dr. Roberto Cannataro

La fisioterapia temporo mandibolare

La fisioterapia temporo mandibolare

L’articolazione Temporo-Mandibolare fa riferimento alla giunzione tra le ossa temporali del cranio e la mandibola. Si trovano in prossimità dell’orecchio e lavora in sinergia con quella del lato opposto, quando la bocca si deve aprire si compie il movimento di rotazione e di traslazione quando deve masticare. Le articolazioni sono essenziali per lo svolgimento:

  • Masticazione, è importante masticare da tutti e due i lati della bocca, si inizia lentamente, applicando forza minima, mentre il cervello realizza che tipo di alimento abbiamo messo in bocca;
  • Fonazione e Deglutizione, è il processo attraverso cui riusciamo a far progredire il bolo alimentare dalla bocca allo stomaco. Nella deglutizione così come per la fonazione, la lingua svolge un ruolo centrale.

Sintomi

Per capire se ci sono disturbi temporo – mandibolare dobbiamo sapere quali sono i sintomi, alcuni sintomi sono più frequenti mentre altri sono più rari. Sintomi più frequenti:

  • Dolore alla mandibola quando si apre bocca o si mastica;
  • Dolore all’orecchio, mandibola e al collo;
  • Mal di testa, precisamente sulle tempie;
  • Limitazione ad aprire la bocca;
  • Dolori cervicali;

In modalità rara si possono avvertire vertigini, dolore alla gola, dolore occhi o sensibilità alla luce.

Cause

In molti casi, la causa del disturbo temporomandibolare è rappresentata da problemi anatomici delle articolazioni. A volte sono presenti fattori come Serrare e Dgrignare i denti, disturbi sistemici (come disturbi ossei genetici), infezioni, traumi, denti non allineati e anche la costante masticazione di gomme possono causare i sintomi. Le cause specifiche comprendono:

  • Affaticamento e uso eccessivo dei muscoli;
  • Artrite;
  • Incoordinazione condilo-discale dell’articolazione temporomandibolare;
  • Anchilosi;
  • Ipermobilità;

L’approccio moderno alla terapia occlusale prevede una valutazione clinico-strumentale del paziente e il ruolo del fisioterapista è importate per la riabilitazione fisiochinesiterapia. Lo specialista effettua delle manovre che servono a correggere abitudini sbagliate e fanno rialliniare correttamente l’articolazioe attraverso esercizi mirati. Il fisioterapista affronta il problema tenendo in considerazione anche i muscoli cervicali e quelli respiratori.

Educazione ed emozioni

Educazione ed emozioni

Il tema delle emozioni è senza dubbio uno dei più ampi nei campi delle scienze umane difatti governano tutti i rapporti umani, permettendo alle persone di aprirsi al mondo e di entrare in relazione con gli altri. La gestione delle emozioni è un tema trasversale a tutte le fasce di età, dall’infanzia al mondo adulto riconoscerle e saperle gestire significa stare meglio al mondo con se stessi, con la propria famiglia e con gli altri. È importante per genitori, insegnanti ed educatori diventare delle guide per accompagnare l’individuo di ogni età nell’esplorazione dei sentimenti, delle emozioni e delle affettività e comprenderne le valenze educative. Le emozioni sono differenti rispetto ai sentimenti difatti provocano cambiamenti fisiologici, comportamentali e psicologici.

L’educazione svolge un ruolo fondamentale in tutto ciò difatti il significato della stessa è: “condurre fuori, liberare, far venire alla luce qualcosa che è nascosto, portare a compimento” ed ha l’obiettivo di sviluppare competenze emotive o meglio l’insieme di conoscenze, abilità, capacità e attitudini necessarie a prendere coscienza e consapevolezza, delle proprie emozioni.

Educare alle emozioni è un compito impegnativo ma fondamentale per favorire l’apprendimento perché non è solo con l’intelligenza e la razionalità che si ha successo nell’apprendimento. L’emozione influisce nel processo di apprendimento in quanto agisce come guida nella presa di decisioni e nella formulazione delle idee. L’importanza delle emozioni nell’apprendimento e messa in evidenza dal collegamento che c’è tra le stesse emozioni e la memoria. Infatti le emozioni che la nostra mente cataloga come “importanti” hanno una buona probabilità di venire successivamente ricordate. Educare alle emozioni significa imparare a stare nell’emozione senza esserne sopraffatto altrimenti non è un’educazione ma una forma di repressione.

Autore: Educatore Anna Greco

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